Malala Yousafzai, nasce il 12 luglio 1997 a Mingora, in Pakistan. Quando era piccola, la sua cittadina era conosciuta soprattutto per i festival estivi e come attrazione turistica. Malala era felice, come le altre ragazze della sua età. Quando i talebani hanno preso il potere, le cose sono però cambiate. Soprattutto per le donne. Malala frequentava la scuola fondata dal padre, Ziauddin Yousafzai, ma dopo il cambio di regime il suo diritto allo studio è stato messo discussione e alle donne è stato vietato andare a scuola.

Lei non si voleva rassegnare. Nel settembre 2008 a Peshawar, ad appena 11 anni, sfidò apertamente quei talebani in cui non si riconosceva, con un celebre discorso: «Come possono portar via il mio basilare diritto ad un’educazione?», disse.
Colta da un’immediata, inaspettata popolarità, la giovanissima pakistana divenne a tutti gli effetti una corrispondente della BBC, l’emittente nazionale britannica, per la quale curava la redazione di un blog che documentava le condizioni di vita di bambini e adulti sotto il regime dei talebani.
Per nascondere la sua identità usava lo pseudonimo Gul Mukai, ma nel dicembre 2009 qualcuno ne svelò l’identità e il blog di Malala Yousafzai fu immediatamente oscurato.
Questo non le impedì di continuare la sua battaglia. Il suo attivismo le valse l’International Children’s Peace Prize nel 2011, ma attirò inevitabilmente la furia dei talebani e quando aveva già 15 anni, un giorno in cui si stava recando a scuola con due compagne, qualcuno le sparò alla testa. Malala fu ferita gravemente insieme alle altre due amiche. Ferita al cervello, venne salvata miracolosamente e trasferita in un ospedale di Birmingham, in Gran Bretagna, che si offrì di curarla gratuitamente.
Mentre lottava tra la vita e la morte, cominciò a circolare anche la lettera di un talebano destinata a lei in cui veniva avvisata che se fosse sopravvissuta ci avrebbero riprovato. Perché lei era diventata un simbolo degli infedeli e dell’oscenità.

Malala si salvò e nel marzo 2013 poté tornare a scuola. Per nulla spaventata dalle minacce, il giorno del suo sedicesimo compleanno, alle Nazioni Unite, Malala tenne un memorabile, commovente discorso. Dichiarò che nessun bambino, nessun ragazzo avrebbe dovuto avere paura di andare a scuola. Di lì a poco uscì il suo libro verità: Io sono Malala.
La giovane attivista è stata poi premiata con il Nobel per la pace nel 2014, anche grazie a una petizione che aveva raccolto migliaia di firme in tutto il pianeta. Appena sedicenne, divenne la più giovane vincitrice della storia del prestigioso riconoscimento. Per questo motivo, attraverso la sua fondazione, il giorno del suo diciottesimo compleanno lo ha festeggiato con l’apertura di una scuola per rifugiati siriani in Libano: «Chiedo ai leader mondiali di investire in libri, non in pallottole», dichiarò in quella occasione.
Nel 2017, ad aprile, Malala è diventata messaggero di pace delle Nazioni Unite con l’incarico di promuovere l’educazione femminile. Invece di cancellarla, i talebani hanno fatto di lei la più forte cassa di risonanza dei loro soprusi. Trovare il coraggio di opporsi ad un terribile regime fondamentalista, di battersi per il rispetto di diritti basilari dell’umanità non è affatto scontato. Malala, poco più che bambina, non ha mai abbassato la testa di fronte a minacce e soprusi. La sua storia è un esempio per tutti. Ma la battaglia non è ancora vinta.
Francesco Manganaro 2E