Foibe: una tragedia poco conosciuta

Nel 2004 il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del ricordo per commemorare le migliaia di italiani morti in quella che la storia chiama “le foibe”.

A partire dal crollo del regime fascista nel 1943 furono compiuti massacri contro la popolazione italiana ad opera dei partigiani comunisti iugoslavi sostenitori del maresciallo Tito che sarebbe diventato dittatore della Iugoslavia fino al 1980. Secondo quei partigiani tutti gli italiani erano fascisti o contrari al regime comunista perciò, tutti gli italiani non comunisti che vivevano in Istria e in Dalmazia furono trattati come “nemici del popolo”. Dopo essere stati torturati venivano gettati nelle fosse naturali chiamate foibe. Non si sa con esattezza il numero di italiani uccisi ma si contano circa 10 mila persone.

La storia

La Foiba di Basovizza (Trieste) si trova sull’altopiano del Carso. Nel 1992 il presidente della Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro ha dichiarato il pozzo monumento nazionale e inaugurato questo patrimonio a testimonianza e ricordo di tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945.

Durante la Seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio di Cassibile (Siracusa) dell’8 settembre 1943 accadde che in Istria e Dalmazia il Governo italiano smise di esistere. Cominciò così una lunga serie di violenze contro la popolazione italiana residente in quei territori. La ragione di queste violenze va cercata nel fatto che i partigiani iugoslavi di Tito vollero vendicarsi contro i fascisti. Dalla fine della Prima Guerra mondiale fino all’armistizio della Seconda guerra gli italiani avevano amministrato duramente quelle zone, abitate da popolazioni slovene e croate. A queste persone venne imposta un’italianizzazione forzata con i metodi violenti dei fascisti: pestaggi e deportazioni nei campi di concentramento nazisti. Nel 1945, alla fine della Seconda Guerra mondiale, Tito prese il potere in Iugoslavia e le violenze contro gli italiani aumentarono. In due mesi, gli italiani che vivevano in Istria, in Dalmazia e nella città di Fiume furono costretti ad abbandonare tutto e a fuggire in Italia. Chi non lo fece in fretta venne ucciso dall’esercito di Tito e gettato nelle fosse delle foibe o deportato nei campi di concentramento in Slovenia e in Croazia.

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